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Influenza aviaria

Influenza aviaria

L’influenza aviaria può interessare sia gli uccelli selvatici che quelli domestici (polli, tacchini, anatre), causando molto spesso una malattia grave e perfino la morte dell’animale colpito. Si conoscono almeno quindici sottotipi di virus influenzali A, anche se tutte le epidemie di influenza altamente patogenica sono state causate da virus di tipo A dei sottotipi H5 e H7.

I virus del sottotipo H9 sono solitamente a bassa patogenicità. A seconda del tipo di proteina combinata con il virus (da N1 a N9), il virus acquisisce una denominazione diversa (H5N1, H7N2 ecc).

Tutti i virus influenzali di tipo A sono noti per l'instabilità genetica, in quanto sono soggetti a numerose mutazioni durante la replicazione del Dna e sono privi di meccanismi di correzione.

I virus influenzali del tipo A possono infettare anche altri animali (maiali, cavalli, delfini e balene) nonché l’uomo, creando così la basi per fenomeni di ricombinazione in caso di infezione contemporanea (co-infezione) da parte di diversi ceppi.

La maggior parte dei virus influenzali aviari non provoca sintomi o provoca sintomi attenuati negli uccelli selvatici, in particolare uccelli acquatici migratori, che costituiscono pertanto il serbatoio naturale dell’infezione. L’infezione viene mantenuta da alcuni uccelli acquatici che fungono da serbatoi del virus, ospitandolo nell’intestino anche senza mostrare una sintomatologia evidente ed eliminandolo con le feci.

Gli uccelli infetti, anche se non visibilmente malati, eliminano il virus con la saliva, con le secrezioni respiratorie e con le feci; il contatto di uccelli suscettibili con questi materiali, o con acqua contaminata da questi, determina la trasmissione dell’infezione; la trasmissione fecale-orale è la modalità di trasmissione più comune.
Il virus può sopravvivere nei tessuti e nelle feci di animali infetti per lunghi periodi, soprattutto a basse temperature (oltre 4 giorni a 22° e più di 30 giorni a 0°) e può restare vitale indefinitamente in materiale congelato. Al contrario, è sensibile all’azione del calore (almeno 70°) e viene completamente distrutto durante le procedure di cottura degli alimenti.

Il virus dell’influenza aviaria si è sviluppato inizialmente nei Paesi del Sud-Est asiatico, a metà del 2003. Con il passare del tempo, a partire dalla fine di luglio 2005, i rapporti ufficiali dell’Oie (l’Organizzazione mondiale per la sanità animale) indicano che il virus H5N1 ha esteso la sua diffusione geografica. Sia la Russia che il Kazakhistan hanno segnalato casi di influenza aviaria nel pollame e mortalità negli uccelli migratori infettati dal virus. Focolai epidemici (in animali) sono stati attribuiti al contatto tra volatili e uccelli selvatici attraverso la condivisione di fonti idriche. Si è trattato dei primi focolai epidemici di virus influenzale aviario H5N1 ad alta patogenicità in questi due Paesi, entrambi considerati in precedenza liberi dal virus. A gennaio 2006 il virus continua a essere segnalato in molte parti del Vietnam e dell’Indonesia, in Thailandia, alcune parti di Cambogia, Cina e anche nel Laos. Per quanto riguarda l’Europa, casi di animali infetti sono stati individuati in Romania, Croazia, Ucraina e Turchia.

Dal 1997 al dicembre 2007 si sono verificati alcuni episodi documentati di influenza da virus aviario nell’uomo; in tutti i casi si è trattato di trasmissione da volatili domestici

I primi sintomi compaiono dopo un periodo di incubazione variabile (da 1 a 7 giorni): di solito sono gli stessi dell’influenza tradizionale, vale a dire febbre, tosse, mal di gola e dolori muscolari.
Ma possono arrivare anche a infezioni oculari, polmonite e sindrome da distress respiratorio acuto. Nei casi finora documentati di infezione aviaria da ceppi H5N1, la mortalità nell’uomo varia dal 30 al 70-80%.

Fonte: Ministero della Salute.


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